mercoledì 8 aprile 2020

Tutti giù per terra - Giuseppe Culicchia

Culicchia nella prefazione sostiene di mostrare i giovani dei nostri anni in realtà il racconto definito dal libro "con penna ironica" risulta lento e di dialettica spenta. Il significato finale del racconto è facilmente intuibile dalla banale frase;
Non posso, non posso fare questa fine. Non posso ridurmi anch'io come un animale in gabbia.
Vive in casa assieme a genitori che non si parlano ma che comunicano dicendo a lui di dir la cosa all'altro. Walter esce di casa e va ad abitare in una stanza di un appartamento condiviso con altri ragazzi suggeritogli dall'amica Enza. La stanza è sottosopra e da ordinare e nella casa vive il caos totale di adolescenti che verranno poi perquisiti causa droga. Walter è pulito ma, nel mentre, fa volontariato retribuito presso un'associazione che tiene schedati gli zingari e ricorda loro quando rinnovare il permesso di soggiorno.
Il fato gli fa incontrare una ragazza vogliosa che ci prova immediatamente e lo porta nella ricca casa dei genitori momentaneamente all'estero per lavoro, lui non riesce a far sesso, è vergine e qualcosa lo blocca portandolo a pensare alla zia defunta proprio nel momento più intimo.
Alla fine il rapporto si tronca e lui deve tornare a casa causa appartamento sotto sequestro, torna nello stesso identico punto di partenza, nessuna via gli ha permesso di crearsi la propria indipendenza.
Il problema non è la caduta ma l'atterraggio. E io accelero.
Non ho capito cosa centra l'atterraggio, accelera atterrando? In picchiata? Per un frontale completo verso il nulla? Non sarebbe meglio la ripresa? Oppure un senso di elaborazione dell'accaduto nel momento in cui atterra? Non è meglio accelerare dopo? Nella ripartenza?

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